"Quando" ...
- dott. Rodolfo Vittori
- 23 lug
- Tempo di lettura: 4 min
... la parola più brutta del vocabolario

C’è una parola, nel vocabolario quotidiano della nostra infelicità, che si presenta sempre con un’aria innocente, quasi speranzosa. Una parola che promette futuro, ma che in realtà ci deruba del presente. È una parola subdola, che infiltra la mente con la logica del “non ancora”. Quella parola è "quando".
“Quando avrò il motorino sarò felice.”
“Quando troverò la morosa la mia vita cambierà.”
“Quando finirò il liceo, all’università andrà tutto meglio.”
“Quando mi laureerò…”
“Quando lavorerò…”
“Quando avrò una casa tutta mia, finalmente…”
E avanti così. Il "quando" è un ladro gentile, perché non ruba con la forza, ma con la promessa. Promette felicità, pace, realizzazione. Ma a condizione che tu aspetti.
Il condizionale esistenziale
In psicoterapia si parla spesso di condizionalità esistenziale, ovvero il modo in cui le persone legano la propria felicità o serenità a qualcosa di esterno, futuro e ipotetico. “Sarò felice solo se…”, “potrò rilassarmi solo quando…”, “mi sentirò realizzato soltanto se succederà…”. Il "quando" è la versione temporale di questa trappola. È l’equivalente verbale di una carota appesa davanti al muso dell’asino, perché ti fa camminare, ma non ti sazia mai.
Il guaio è che ogni "quando" realizzato viene immediatamente sostituito da un nuovo "quando". Chi dice “quando mi laureerò sarò felice” scopre, con sottile angoscia, che arrivato il giorno della laurea c’è già pronto il nuovo “quando troverò lavoro…”. E così via, in una catena di S. Antonio della felicità differita, che può prolungarsi fino alla vecchiaia, o all’esaurimento nervoso.
Il paradosso del "quando"
Chi vive nel "quando" non vive. Posticipa. È in sospeso e nel frattempo guarda con un certo fastidio chi riesce a godere del momento. “Ma come fai ad essere sereno? Non hai nemmeno un lavoro fisso” Come se la serenità fosse riservata a chi ha già raggiunto tutti i suoi obiettivi e qui vi faccio uno spoiler, perché questo non succederà mai.
Il paradosso è che più rinvii la felicità al futuro, meno eserciti la capacità di riconoscerla nel presente. E la felicità non è un evento, ma è un muscolo mentale. Se non lo alleni adesso, quando pensi che sarà pronto?
Neuroscienze del rimando
Dal punto di vista neuropsicologico, il “quando” è legato a un eccessivo utilizzo della rete del default mode (Default Mode Network), quell’insieme di aree cerebrali che si attiva quando la mente vaga, fantastica, anticipa il futuro o rimugina sul passato. Studi di imaging cerebrale (Raichle et al., 2001; Andrews-Hanna et al., 2014) mostrano che più siamo immersi nel futuro ipotetico, meno siamo presenti a noi stessi.
Questo tipo di pensiero aumenta l’attività dell’amigdala, quella piccola struttura cerebrale che funziona come un sistema d’allarme, che interpreta ogni incertezza come una minaccia e scatena risposte ansiose. Non a caso, molti pazienti ansiosi vivono nel futuro: "e se poi…?", "e se non succede…?", "e se non bastasse…?". Il “quando” è la forma grammaticale della preoccupazione.
L’arte di stare nel presente
La psicologia positiva, la mindfulness e le terapie di terza generazione (come l’ACT o la DBT) hanno un messaggio molto semplice ma rivoluzionario che spiega che la felicità non è là fuori, ma è dentro di noi. Non è nel poi, è nell’adesso. Non c’è bisogno di attendere che qualcosa succeda per stare meglio, perché possiamo imparare a notare ciò che già funziona, che già c’è, che già respira con noi.
Certo, questo non significa rassegnarsi, né abbandonare sogni e progetti. Significa, piuttosto, smettere di trattare il presente come un corridoio verso la felicità futura. Il presente non è un anticamera, ma è la tua casa. Può essere disordinata, rumorosa, a volte persino sporca, ma è comunque l’unico luogo dove puoi davvero abitare.
Conclusione: il vaccino contro il "quando"
Il miglior vaccino contro il virus del “quando” è la gratitudine attiva. Allenarsi ogni giorno a riconoscere almeno una cosa per cui essere grati, anche piccola, anche stupida, come il profumo del caffè che gorgoglia nella moka, la risata di tuo figlio, una camminata all’alba, il gatto che ti si acciambella addosso. Sono lì, ora. Non domani. Non quando. Sono lì adesso. Basta riuscire a riconoscerli.
Se anche tu pensi di non essere felice e che la felicità arriverà solo "quando" ... non esitare a contattarmi.
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Riferimenti bibliografici
Andrews-Hanna, J. R. et al. (2014). The default network and self-generated thought: component processes, dynamic control, and clinical relevance. Annals of the New York Academy of Sciences, 1316(1), 29–52.
Fredrickson, B. L. (2004). The broaden-and-build theory of positive emotions. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences, 359(1449), 1367–1377.
Hayes, S. C. et al. (2006). Acceptance and Commitment Therapy: An experiential approach to behavior change. Guilford Press
Raichle, M. E. et al. (2001). A default mode of brain function. Proceedings of the National Academy of Sciences, 98(2), 676–682.
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