Quando ci alleniamo correttamente e diamo il massimo, ci stanchiamo e dobbiamo riposarci per riprendere le forze. Lo stress derivante da questo carico di allenamento è positivo e viene chiamato eustress, e ci porta a migliorare le nostre prestazioni.
Nel momento in cui, invece, superiamo questo limite, incappiamo nel così detto distress, quella condizione di stress che ci porta ad una condizione di stanchezza più elevata e richiede, per recuperare, un numero superiore di ore o di giornate.
Esiste, però, una ulteriore complicazione a questo stato di sovraccarico che viene chiamato superallenamento. Si tratta di una condizione che colpisce molti sportivi, che richiedono al proprio corpo sempre di più, alimentando, oltre allo stress fisico, contemporaneamente, anche un forte stato di stress mentale.
Il culmine di questa situazione arriva a determinare un vero e proprio cedimento psicofisico dell’atleta, che richiede un recupero molto lungo. Talvolta anche di mesi.
Stabilire oggettivamente quale sia un limite, entro il quale rimanere per non incappare in questa situazione, è impossibile. Ogni sportivo dovrebbe analizzare la propria condizione di partenza, delimitando da solo, o con il proprio allenatore, i propri confini.
Per riconoscere i primi sintomi di questo stato psico-fisico, in generale bisogna fare attenzione all’incremento di apatia, perdita o eccessivo appetito, nervosismo e irritabilità, disturbi del sonno.
È necessario far rilevare questi campanelli di allarme anche dalle persone a noi vicine, perché una volta dentro la spirale è difficile comprenderne i segnali.
Oggi esistono anche degli strumenti che misurano lo stato di adattamento del corpo, valutando i parametri fisiologici. Ne abbiamo parlato in altri articoli, che trattano soprattutto la misurazione della variabilità cardiaca.
Ma più che affidarsi a strumenti, è molto importante non ignorare i segnali che ci manda il nostro corpo e il riposo mirato, come ho scritto anche altre volte, non deve essere vissuto come una limitazione o un rallentamento della propria condizione atletica, ma come un vero e proprio momento allenante, necessario a raggiungere gli obiettivi che ci si è posti.
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