Lo sappiamo tutti che alimentarsi è necessario alla sopravvivenza, ma mangiare, molto spesso, diventa un vero e proprio piacere.
Contrariamente a quanto avveniva nel paleolitico, quando i nostri progenitori, che erano cacciatori e raccoglitori, impiegavano la maggior parte del proprio tempo per procurarsi il cibo, oggi noi mangiamo più volte al giorno, un po’ per fame, ma soprattutto per abitudine. Mangiamo da soli o in compagnia, poiché il cibo ha delle forti implicazioni sociali. Il cibo si porta di dono, si organizzano incontri conviviali durante le feste o per occasioni speciali, si trattano affari degustando assieme cibi e bevande. Insomma, non sempre mangiamo semplicemente in risposta allo stimolo della fame.
Esistono poi dei cibi che hanno un potere consolatorio, perché si ricorre a questi nei momenti di bisogno, e per questo vengono proprio definiti comfort food.
Possono consolare, rilassare, aiutare ad affrontare una situazione difficile oppure possono evocare emozioni del passato, come felicità o nostalgia. Non esiste un solo tipo di comfort food e ognuno di noi ha il suo. Uomini, donne, adulti o bambini, il cibo del cuore ci accompagna per tutta la vita. Ci gratifica, ci rassicura , ci calma e a volte ”anestetizza” i momenti di profonda tristezza.
Questi aspetti conviviali, sociali ed emotivi del cibo rappresentano soltanto la faccia migliore della medaglia. L’altra faccia, purtroppo, è rappresentato dagli eccessi e dai comportamenti sbagliati che preludono a condizioni quali sovrappeso, obesità o sindrome metabolica.
Quando si trovano in questa condizione, che non è ancora patologica, ma per molti incomincia ad essere pericolosa per la salute, le persone si rifugiano, quasi sempre, in diete dimagranti restrittive nella speranza di riuscire a recuperare salute e peso forma. L’errore che comunemente si commette è quello di voler risolvere situazioni alimentari complesse, che si trascinano da anni, se non da decenni, con brevi periodi di restrizione calorica. Ancora oggi, nonostante tutti i progressi che ha fatto la scienza nutrizionale, nonostante tutti gli studi che indichino come la restrizione calorica provochi soltanto dei danni, la maggior parte della gente, per dimagrire velocemente, inizia a seguire dei regimi alimentari sballati, ipocalorici, con l’idea di recuperare brevemente quella forma fisica che si è persa in anni di ipernutrizione ed errori alimentari.
Si entra così in una spirale negativa nella quale ci si concede di mangiare solo i alcuni cibi indicati dalla dieta del momento, nella quantità stabilita e, a volte, in orari ben precisi. Questo scatena sempre un senso di frustrazione per la difficoltà di riuscire ad adattarsi alle regole, solitamente rigidissime, della dieta prescelta e al rigido schema del calcolo calorico. Talvolta la frustrazione può sfociare in una vera e propria sensazione di isolamento, che può portare anche alla depressione. Perché si è i soli a seguire quel rigido schema alimentare, mentre le persone che ci stanno attorno, i propri cari o gli amici continuano a mangiare a volontà. Proprio perché il cibo è parte integrante del nostro quotidiano e della nostra vita sociale, si comprende facilmente quanto sia difficile per chi è in sovrappeso seguire una dieta restrittiva, mentre sarebbe molto più semplice andare ad indagare sulle abitudini errate da modificare. Un processo de dovrebbe coinvolgere non soltanto il soggetto, ma tutta la sua famiglia o, comunque, le persone più vicine.
Le rinunce dei cibi più gustosi nelle settimane o nei mesi della dieta restrittiva, inoltre, scatena inevitabilmente un desiderio irrefrenabile nei confronti del proibito, cui si dà sfogo nei mesi successivi, riprendendo tutti i chili persi, di solito con gli interessi.
Le diete restrittive non funzionano mai per il semplice motivo che non sono sostenibili. Il nostro organismo mette in atto dei meccanismi di difesa perché vede quell’improvvisa restrizione calorica come una minaccia per la propria sopravvivenza. Perché il nostro cervello è stato tarato, nel corso dei millenni, per sopravvivere. I fallimenti, però, vengono vissuti dalle persone con sensi di colpa che accompagnano una grande frustrazione.
Irritabilità, ansia, disturbi del sonno, frustrazione e sensi di colpa sono emozioni che si accompagnano molto spesso ad una dieta dimagrante.
Nessuno dirà mai che non è riuscito a seguire la dieta ipocalorica perché è semplicemente impossibile farlo, ma si autoaccuserà dicendo di non aver avuto sufficiente forza di volontà per portarla avanti. Emotivamente, molto spesso, succede che ci si autoconvinca dell’impossibilità di riuscire a dimagrire e si rinuncia all’idea di seguire altre diete in futuro per paura di ulteriori fallimenti.
Per questo motivo è necessario comprendere prima di tutto che è necessario definire delle proprie abitudini alimentari, sane, che non siano limitate nel tempo, in quanto restrittive ed impossibili da seguire, ma che siano, invece perseguibili, senza alcun peso, per tutto il resto della vita.
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