Nelle aziende che funzionano, che crescono, che hanno successo, l’unica vera costante è il cambiamento.
Le aziende vivono in un continuo stato di cambiamento, si evolvono e si riorganizzano ad una velocità sempre maggiore, per cercarsi di adattare la propria organizzazione, da una parte alle esigenze dei mercati, dall’altra all’ambiente sociale, in particolare tecnologico, che è in continua evoluzione
Poi di mezzo, come se non bastasse, arriva pure una pandemia. Nessuno sa come fare a difendersi e, poiché è comunque necessario andare avanti, produrre e garantire i servizi essenziali, tutte quelle attività che possono essere svolte a distanza, vengono attuate attraverso quello che in Italia viene chiamato lavoro agile (D.Lgs 81/20017), ma che, nella parlata comune viene indicato come #smartworking.
La pandemia, come tutti sappiamo, è iniziata nei primi mesi del 2020, ma i suoi effetti stanno condizionando ancora oggi, a quasi un anno di distanza, tutta la vita relazionale, i rapporti sociali.
Ma il problema non è tanto l’affrontare il momento contingente, che, comunque, per molti soggetti, lavoratori fragili, sta creando dei gravi disagi psicologici, quanto pensare al futuro.
Questa pandemia, nel male, ha dimostrato la fragilità del nostro sistema organizzativo, a livello globale, ma ha avuto anche un lato positivo. Come sempre è successo nel corso della storia, molti eventi catastrofici hanno avviato dei cicli virtuosi e, anche in questo caso, questa pandemia ha permesso al mondo del lavoro di guardarsi dentro. Le imprese, che sono state costrette, in situazione di emergenza, a rivedere la propria organizzazione, per adeguarsi alla necessità del distanziamento sociale, hanno affrontato in maniera più profonda e consapevole il concetto di lavoro a distanza.
Gli strumenti tecnologici, che già possedevamo, non erano ancora stati sfruttati appieno. Il concetto di ufficio, radicato nella mente di tutti, è un luogo fisico che raggruppa una certa tipologia di lavoratori.
Con gli strumenti che la tecnologia ci ha messo a disposizione negli ultimi trent’anni, con la diffusione della rete Internet e la connessione veloce portata ormai in ogni angolo della Terra, il concetto di luogo fisico, per molte tipologie di lavoro, ha perso molto il suo significato. Le imprese si sono rese conto del grande risparmio, in termini economici, che potrebbere avere implementando in maniera continuativa il lavoro agile. Anche molti lavoratori, leggendo i risultati delle varie indagini che sono state avviate su questo tema, in questo periodo, sarebbero ben disposti ad una tipologia di lavoro, non più basata sulla pura presenza fisica in un ufficio, ma più flessibile e basato sullo svolgimento di compiti e su un lavoro per obiettivi.
Che cosa accade, però, nel momento in cui i mutamenti dell’organizzazione non coincidono più con i valori, o non incontrano più le motivazioni e le aspettative della persona? Che cosa succede se, pur cercando di utilizzare tutte le proprie capacità e le proprie risorse per adattarsi, il lavoratore non riesce più a trovare la motivazione per continuare a fare ciò che sta facendo?
In questo caso succede che l’individuo entra in una fase critica della propria vita, sia professionale che privata, vivendo una situazione in bilico tra il desiderio di cambiare, per trovare delle maggiori motivazioni e gratificazioni, e la paura di abbandonare la situazione consolidata, per non perdere le sicurezze acquisite.
Come tutti i cambiamenti delle proprie abitudini, anche in questo caso, non si può dare per scontato che qualsiasi lavoratore preferisca lavorare a distanza, con la comodità di non doversi spostare dalla propria abitazione, di evitare lunghi trasferimenti per portarsi in un luogo fisico, dove svolgere i propri compiti.
Scegliere di intraprendere un cambiamento professionale, perché, di fatto, di questo si tratta, è molto difficile. Per farlo è necessario mettersi in gioco, esporsi e confrontarsi con le proprie capacità. Il cambiamento comporta il rimettere in discussione le proprie certezze, rivedere le proprie abitudini, i ritmi delle giornate, l’assetto delle relazioni sociali, le dinamiche familiari, le abitudini e la percezione di se stessi e del proprio ruolo.
Anche se il cambiamento riguarda soltanto la tipologia lavorativa, e non il cambio di azienda, a causa dello stress conseguente al cambiamento di modalità operativa, sono proprio la fiducia e l’equilibrio emotivo, di cui avremmo maggior bisogno, a risultare più instabili.
Il supporto psicologico può essere molto importante in questa fase di transizione, per la necessità di potenziare le sensazioni di auto-efficacia, riportare l’equilibrio nella sfera emotiva e mantenere alta la motivazione. La persona va inoltre supportata sul piano realizzativo, attraverso l’impiego di tecniche e strumenti mirati, consoni ed efficaci per affrontare il cambiamento del futuro professionale.
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